SAN MARCO DI EFESO
San Marco Eugenico, Metropolita di Efeso, ci è noto soprattutto per la posizione da lui presa al Concilio di Firenze nel 1439.
Conosciamo poco della vita di San Marco. Ci sono pervenuti i suoi scritti dogmatici, che ci danno un quadro delle sue attitudini e del suo orientamento intellettuale. Le informazioni biografiche più accurate si trovano nel Sinassario composto per le funzioni liturgiche della sua festa. Questo Sinassario fu scritto dal fratello di San Marco, il diacono Giovanni Eugenico, Nomophylax imperiale (ovvero cancelliere addetto alla custodia e interpretazione delle leggi).
San Marco nacque, fu educato e morì a Costantinopoli. La data della sua nascita è incerta, forse 1391 o 1392. La data della sua morte fu fissata nel 23 giugno 1445.
Il nome di battesimo di San Marco era Manuele. La sua era una famiglia nobile dell'impero. Suo padre, Giorgio Eugenico, era Protodiacono della Grande Chiesa (Santa Sofia, la cattedrale patriarcale), nonché Grande Chartophylax (archivista, segretario e bibliotecario del patriarcato). Sua madre, Maria Lucas, era la figlia di un dottore pio e timorato di Dio. Così, il giovane Manuele crebbe in un ambiente di nobiltà, ricchezza moderata, devozione e virtù.
La sua istruzione ebbe luogo nella scuola amministrata dal padre fino alla morte di quest'ultimo, quando egli aveva tredici anni. Quindi studiò filosofia e retorica sotto i migliori insegnanti del tempo a Costantinopoli. L'intelligenza e versatilità di Manuele erano ammirate sia dai suoi insegnanti che dai suoi compagni di classe (alcuni dei quali lo avrebbero in seguito accompagnato al Concilio di Firenze). In questi anni di studio Manuele fu insignito dell'ufficio di Oratore, il predicatore ufficiale della chiesa patriarcale, e al completamento degli studi gli fu data la direzione della scuola di suo padre.
A 26 anni, distribuì tutti i suoi averi ai poveri e seguì la vocazione monastica sotto l'obbedienza spirituale del monaco Simeone. Fu tonsurato monaco nel 1418 con il nome di Marco, e visse prima nell'isola di Antigoni, e in seguito, all'avanzata dei turchi nell'impero, nel monastero di San Giorgio di Mangani a Costantinopoli. La sua fu una vita di dura ascesi e di studio, profondamente influenzata dalla tradizione esicasta di San Gregorio Palamas.
Marco fu ordinato al sacerdozio dal Patriarca Eutimio II, e come ieromonaco ebbe una considerevole influenza teologica e filosofica sull'imperatore Giovanni VIII Paleologo. Come risultato, lo Ieromonaco Marco fu nominato procuratore per i Patriarcati di Alessandria, di Gerusalemme, e infine di Antiochia per il Concilio di Firenze. Ebbe un ruolo importante nella preparazione degli studi dogmatici e teologici per il concilio, e poco prima dell'inizio del concilio, alla morte del Metropolita Ioasaf, fu elevato al rango di Metropolita di Efeso. Egli, insieme ai Metropoliti Dionisio di Sardi e Bessarione di Nicea, fu designato dall'Imperatore e dal Patriarca Giuseppe II di Costantinopoli come principale rappresentante dei greci al Concilio di Firenze. Marco, indifferente a tutti questi onori, e per di più malato, era riluttante ad andare in Italia.
È importante capire le ragioni della convocazione e del fallimento del Concilio di Firenze. L'impero era attaccato da est dai turchi, i cui successi militari li portavano sempre più vicini a Costantinopoli. Nella via delle loro conquiste, essi convertivano a forza all'islam i greci conquistati, o martirizzavano coloro che non si convertivano, governando con il terrore e lo spargimento di sangue. Le sorti dell'Impero e della Chiesa erano in gioco in questa guerra, che esauriva rapidamente le risorse imperiali, al punto che il viaggio dei legati imperiali e patriarcali al concilio era finanziato dal Papa di Roma.
La speranza del concilio era che il raggiungimento dell'unione tra la Chiesa e il Patriarcato di Roma avrebbe portato aiuto materiale e militare nella guerra contro i turchi. Molti dei membri della parte greca pensavano che l'unione fosse la sola speranza di sopravvivenza dell'Impero e della Chiesa, e tutti erano favorevoli all'unione.
Il Concilio di Firenze, al di là delle sue motivazioni politiche, mirava a porre termine alla divisione che durava dall'undicesimo secolo (1054). La disputa verteva su alcune pratiche e dottrine adottate dal patriarcato di Roma, i cui punti principali erano la posizione del Papa di Roma e del Patriarcato di Roma nella Chiesa, l'aggiunta della clausola del filioque nel Credo, la dottrina del purgatorio e l'uso degli azzimi come pane eucaristico.
Dal tempo del Concilio di Firenze, molte altre dottrine del Patriarcato di Roma sono state aggiunte a questa lista di dispute. Le principali sono l'Infallibilità dottrinale del Papa di Roma e il dogma dell'Immacolata concezione della Vergine Maria.
Questi sono argomenti teologici molto complessi, e in molti dicono che sono punti che non hanno relazione con la vita della persona media. Gli argomenti possono essere difficili, tuttavia hanno un profondo impatto sulla persona media. Questo impatto si può vedere nelle forme di culto alle quali partecipiamo, nel modo in cui preghiamo, in generale nel nostro rapporto con Dio e nel suo rapporto con noi. Questa è la ragione per cui questi disaccordi vengono combattuti con vigore, perché la Verità su Dio non venga diluita e il suo popolo non si separi da Lui.
Durante le riunioni del concilio queste dottrine di Roma vennero discusse. Entrambe le parti presentarono la loro posizione, e si stabilì un terreno comune per quanto possibile. A volte le discussioni furono influenzate da misure esterne da parte latina. Se le discussioni giungevano a un punto inaccettabile per i latini, questi ultimi sospendevano i contributi che si erano impegnati a versare ai greci. tuttavia i greci sentivano che, anche con la sospensione dei fondi, stavano facendo progressi nelle discussioni con i latini. Pur con tali progressi, sentivano ancora la presenza di significative differenze di opinione. Quindi, mentre il concilio stava volgendo al termine, all'improvviso fu annunciata un'unione. I relativi documenti di unificazione furono stilati nonostante vi fossero ancora significative differenze di opinione. Poco prima della firma del documento di unione, il Patriarca Giuseppe II di Costantinopoli si addormentò nel Signore.
I termini dell'unione lasciavano irrisolti tutti i temi discussi al concilio. Essenzialmente si proponeva che le dottrine e gli insegnamenti di entrambe le parti coesistessero pacificamente. San Marco non voleva e non poteva accettare questo tipo di unione, poiché era falsa, e lasciava la Verità più confusa che mai. Marco fu il solo membro della legazione greca a non firmare l'unione. Un altro membro della legazione, Gennadio Scolario (che sarebbe divenuto patriarca dopo la caduta di Costantinopoli), non firmò poiché aveva lasciato il concilio prima della fine delle discussioni.
Poco dopo la firma, le spietate conseguenze dell'unione vennero comprese da molti nella legazione greca. Il clero latino chiese all'imperatore di prendere misure urgenti contro Marco per il suo rifiuto di firmare l'unione. Il papa disse ai legati greci che avrebbero dovuto assegnare un chierico latino come Patriarca di Costantinopoli per rendere l'unione completa. Questa nomina sarebbe stata contraria ai canoni del patriarcato, poiché il patriarca è eletto dal sinodo (assemblea) dei vescovi del patriarcato. I gerarchi greci furono in grado di rimandare questa selezione fino al loro ritorno a Costantinopoli. I gerarchi e il clero greco celebrarono la Divina Liturgia in onore dell'unità, e invitarono i chierici latini a concelebrare: Il clero latino rifiutò l'invito adducendo il motivo dell'ignoranza delle pratiche liturgiche orientali. Per giunta, in questa Liturgia i latini si rifiutarono di ricevere l'Eucaristia per mano dei greci. L'unione mostrava già così la sua amarezza, ma restava la promessa di sostegno per l'Impero contro i turchi.
Il clero greco ritornò a Costantinopoli. Marco era con loro, nonostante le loro proteste, in quanto era sotto la protezione del salvacondotto dell'imperatore. Al loro ritorno il popolo e il clero furono oltraggiati dall'unione e diedero il loro sostegno e ammirazione a Marco. Tre mesi dopo il ritorno, a Marco fu offerto l'ufficio di patriarca, che rifiutò. Il Metropolita Metrofane di Cizico, un unionista, fu eletto Patriarca nella Pentecoste del 1440. Dopo questa elezione Marco fuggì da Costantinopoli per tornare a Efeso.
Quando il Metropolita Isidoro tornò a Mosca dal concilio proclamò l'unione con Roma. Fu gettato in prigione appena furono rivelate le condizioni dell'unione, e fu marchiato come eretico. In seguito scappò dalla prigionia e divenne un cardinale del Patriarcato romano, e operò per gettare le basi dell'Unìa in Ucraina e nei Carpazi.
Con la fuga di Marco gli unionisti e l'imperatore furono presi dal timore che Marco parlasse contro di loro, denunciando la loro vendita della Verità per un guadagno terreno. Al suo ritorno a Efeso, Marco sperimentò maggiori difficoltà. La sua salute cagionevole, le pressioni dei turchi e gli attacchi degli unionisti lo forzarono a partire per il Monte Athos. Al suo rientro nei confini dell'Impero, fu arrestato per ordine imperiale e confinato per due anni a Lemno, e quindi, dal 4 Agosto 1442, riportato a Costantinopoli con proibizione di lasciare la città.
Marco si addormentò nel Signore dopo quattordici giorni di agonia molto dolorosa, il 23 giugno 1445 a Costantinopoli. Fu sepolto al monastero di San Giorgio di Mangani. Le sue reliquie furono in seguito trasportate al monastero di Lazaro a Galata.
Il 29 maggio 1453, Costantinopoli cadde nelle mani del
sultano turco Muhammed II. Anche se l'unione era stata mantenuta contro
le proteste del popolo, il sostegno dall'Occidente non arrivò mai.
Poco dopo la caduta della città, Gennadio Scolario fu eletto patriarca.
Il suo primo atto d'ufficio fu di portare ordine nella chiesa dopo l'asservimento
di questa ai turchi. Uno dei molti modi di riportare l'ordine fu l'annullamento
della falsa unione di Firenze. Nel 1456 per decreto sinodale Marco fu dichiarato
santo. Il suo giorno di festa fu fissato in questo decreto il 19 Gennaio
(oggi celebrato il 1 Febbraio per gli ortodossi che seguono il calendario
ecclesiastico giuliano). Il decreto sinodale dice: "La nostra santa Chiesa
Cristiana d'Oriente riconosce, onora e accetta Marco Eugenico come santo,
teoforo (portatore di Dio), ardente zelota e coraggiosissimo difensore
e protettore dei nostri sacri dogmi e della vera fede; come imitatore e
uguale in grandezza ai suoi predecessori e grandi teologi, dottori e ornamento
della Chiesa antica." Nel 1734 la sua canonizzazione fu resa più
ufficiale dal Patriarca Seraphim.
San Marco, intercedi presso Dio per noi, perché
possiamo resistere alle pressioni interne ed esterne, e difendere la Verità,
e sopportare le conseguenze di questa difesa della Verità, così
come tu fosti in grado di fare.
Ringraziamo Randy C. Homyk, Consigliere anziano della Missione Ortodossa di San Marco di Efeso a Kingston, Maine (USA), per il cortese permesso di riprodurre questo articolo.